- fenomenologia dell’arte contemporanea / transizione energetica
- transizione ecologica / economia circolare
- Sublimazione – 2021
- Rhizomes – cm 30×30 – 2021
- Longo – 2022 / 2023
- photovoltaic cells cycle – 2021 – cm 90×70
- Razor Blade cycle – 2020 – 2021
- Solar Panels Cycle – 2018 – 2020 – 2021
- THE GOLDEN HOUR – 2017-2019
The Space of the Sacred – kippot, tappeti, candele – 2016 – 2017
Reviews
Claudio Zambianchi
Direttore Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Università La Sapienza di Roma
È un grande piacere per il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea di Sapienza ospitare una esposizione di Marco Angelini. Subito prima di essa quest’anno abbiamo avuto una mostra storica, dedicata al
[ Read more ]Claudio Zambianchi
Direttore Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, Università La Sapienza di Roma
È un grande piacere per il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea di Sapienza ospitare una esposizione di Marco Angelini. Subito prima di essa quest’anno abbiamo avuto una mostra storica, dedicata al murale dell’Aula Magna di Mario Sironi, riguardante quindi il patrimonio della nostra Università, e una mostra-installazione di Alexandra Valenti, che riflette, tra l’altro, sulla qualità transeunte dell’arte. Il nostro Museo ha l’ambizione di essere uno spazio aperto a presentare l’arte contemporanea ormai storicizzata e a indagare, nello stesso tempo, l’arte del presente. La mostra di Angelini propone le opere di un artista contemporaneo che indaga i simboli e, nelle installazioni, gli spazi del sacro, al fine di interrogarsi sulla dimensione religiosa sulla quale si sono costruite le civiltà umane. Sono lavori che riflettono sul bisogno di cercare una dimensione altra rispetto a quella dell’esperienza comune. In molte opere esposte è presente il cuore, organo del nostro corpo, certo, ma dotato di sconfinate valenze metaforiche: il cuore è motore della vita e sede dei nostri sentimenti. Sul filo del rapporto fra il sacro, la vita e l’emozione sembrano svolgersi i pensieri che Angelini, con i suoi lavori, offre alla comunità di Sapienza e alla città di Roma.
Claudio Zambianchi
Director of the Museum of Contemporary Art at University of La Sapienza Laboratory in Rome
It is a pleasure for the Museum of Contemporary Art at University of La Sapienza Laboratory in Rome to host an exhibition by Mr. Marco Angelini. Immediately before this date, we enjoyed a historical exhibition on the monumental Aula Magna’s Mural by Mario Sironi, which addressed the heritage of our University, and an exhibition–installation by Alexandra Valenti reflecting, among others, the transitional facet of art. Our Museum's ambition is to be a space open to contemporary art representation and to learn, at the same time, the Art of Now. Mr. Angelini's exhibition benefits from the works of a contemporary artist who questions symbols and, in his installations, the space of the sacred, whose objective is to conduct an inquiry into the religious dimension on which human civilizations were built. These works reflect the need to seek a dimension other than that of an ordinary experience. In many works that will be exhibited, the heart is at the center, organ of our body, of course, but endowed with unlimited metaphorical values: the heart is the core engine of life and the seat of our feelings. Among the threads of the relationship of the sacred, of life and emotion, it seems to be revealed the thoughts that Angelini offers us with his works, to the community of La Sapienza as well as to the city of Rome.
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Alessio Ferrari Angelo-Comneno
Presidente dell’Accademia Angelico Costantiniana di lettere, arti e scienze
Associazione Angelo-Comneno ONLUS
L’Accademia Angelico Costantiniana, fondata nel 1949 dall’Avvocato Professor Mario Bernardo Angelo-Comneno di Tessaglia, è un’istituzione culturale a carattere internazionale che opera senza alcun scopo di lucro. Tra i suoi obiettivi vi è, fra l’altro, quello di sviluppare la cultura nei campi artistico, scientifico, letterario e religioso.
Per conseguire tali scopi l’Accademia si avvale di tutte le forme di attività culturale: tra queste si inquadra la mostra di Marco Angelini “Lo Spazio del Sacro”, organizzata presso il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università “La Sapienza” di Roma.
Illustrato sapientemente dalla curatrice Raffaella Salato, Accademica di Merito con delega per le Arti, il catalogo di questa importante mostra offre un significativo spaccato della ricerca dell’artista e del messaggio che si è voluto rappresentare al MLAC, un messaggio di dialogo interreligioso perfettamente in linea con gli obiettivi della nostra istituzione.
L’Accademia, nel panorama artistico contemporaneo, si pone pertanto quale punto di riferimento a livello internazionale per valorizzare nuovi talenti, idee e tendenze nel variegato mondo della cultura.
Alessio Ferrari Angelo-Comneno
President of the Constantinian Angelic Academy of Arts, Letters and Arts
Association Angelo-Comneno ONLUS
The Accademia Angelico Costantiniana, founded in 1949 by the lawyer Mario Bernardo Angelo-Comneno of Thessaly, is an international cultural institution that operates without profit. Among its objectives, there is, among others, the development of culture in the artistic, scientific, literary and religious fields.
To achieve these goals, the Academy uses all forms of cultural activities: among them, Marco Angelini's exhibition "The Space of the Sacred", will be held at the Museum of Contemporary Art "La Sapienza" in Rome next March-April 2018.
Illustrated by the curator Raffaella Salato, Academic of Merit in charge of the Arts, the catalog of this important exhibition offers a significant insight into the artist's search as well as the message we wish to represent at MLAC, a message of interreligious dialogue in line with the objectives of our institution.
The Academy, in the contemporary art scene, is therefore an international point of reference to promote new talents, ideas and trends in the vibrant cultural world.
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LO SPAZIO DEL SACRO
Ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, si è trovato a fare i conti con la dimensione del “sacro”. La religione, che lo si voglia o no, permea l'animo umano fin dalla prima consapevolezza che esso ha di sé: lo fa anche se non ce ne accorgiamo, connotando il mondo circostante attraverso il filtro del nostro bagaglio culturale, della nostra educazione, in maniera il più delle volte inconscia, spesso indiretta. Persino chi si proclama ateo, dà di se stesso una definizione che consiste nella negazione di qualcosa di importante e significativo che per gli altri “c'è”, esiste (a-theos significa, letteralmente, “senza Dio”), mentre gli agnostici sospendono il giudizio rispetto ad un problema, in questo caso l’esistenza di Dio o meno, poiché non se ne ha o non se ne può avere sufficiente conoscenza. Tuttavia, gli agnostici non sono necessariamente indifferenti al problema della fede e all’attività spirituale o religiosa: molti cercano attivamente di informarsi sulle varie religioni e si adoperano alla ricerca di prove certe che possano rivelare l’esistenza di Dio, ma, nonostante ciò la loro fede è in dubbio.
Marco Angelini, con la sensibilità propria dell'artista abituato a definire l'Uomo attraverso l'indagine del contesto in cui esso è calato, sia esso un contesto fisico – le città, ad esempio – o un contesto puramente intimo e spirituale (non per questo, tuttavia, meno ricco di spunti a livello espressivo), focalizza questa volta la sua ricerca, mai univoca ma sempre multiforme e sfaccettata, sul grande mistero dell'universo umano: la dimensione del “sacro”, appunto. Ne nasce una mostra ricca e variegata, che si dipana in un percorso concettuale intenso e carico di ispirazioni differenti ma profondamente connesse fra loro, in bilico sul crinale che corre fra il trascendente ed il materiale, tra il mistico ed il laico.
Il fil rouge della mostra è interpretato da Marco Angelini secondo quello che è il tratto qualificante dell'artista, il suo peculiare segno distintivo, ciò che lo rende assolutamente e pienamente contemporaneo: egli, che da sempre fa dell’oggetto quotidiano e della materia i cardini della propria ricerca espressiva, in questo progetto indaga l’utilizzo “altro” dei manufatti di uso comune (la campana, il libro, il tappeto, le candele, il calice) nelle diverse religioni, utilizzo che snatura l’essenza primigenia dell’oggetto stesso per caricarlo di una “vita” parallela, del tutto disgiunta da quella – ovvia e lampante – connessa alla funzione per la quale è stato creato. Gli oggetti divengono, quindi, la sostanza (transustanziazione) e la manifestazione tangibile e terrena di un messaggio divino, per poi tornare ad essere – in una serie coloratissima di tele che hanno il pregio di dialogare tra loro in maniera anche autonoma rispetto al tema predominante della mostra – prodotti e manufatti accessibili a tutti e banalmente quotidiani.
Ma Angelini si spinge molto oltre, e qui risiede il guizzo creativo, oserei dire geniale, della sua arte: egli associa tali oggetti-simbolo al cuore umano (ma – badate – nella sua forma anatomica, non in quella “iconica” che siamo abituati a vedere rappresentata in tanta arte “pop”), proprio a voler significare il profondo legame – viscerale, appunto – che esiste tra la dimensione dello spirito e quella del corpo inteso come immanenza di vita per l’individuo. Se la religione è in grado di condizionare l'animo umano al punto di guidare le sue azioni e di fungere da principio ispiratore della sua condotta lungo l'intera esistenza terrena, allora la religione è invariabilmente intrinseca all'Uomo, insita ed inseparabile da esso, coessenziale con ogni sua parte. Ecco perciò svelato il parallelo con un organo come il cuore, ma non un organo qualunque, bensì proprio quello che nell'antichità (anche per il filosofo e scienziato Aristotele) era ritenuto la sede della memoria, e che una tradizione millenaria – benché priva di fondamento biologico – vuole luogo delle emozioni e dei sentimenti.
La sacralità dello spirito trova, dunque, il proprio contraltare nella sacralità della vita umana, interpretata – anche nei suoi paradossi – attraverso il filtro dell'arte, che è l'unico linguaggio in grado di scandagliare la realtà senza doversi curare di dogmi religiosi, leggi fisiche o tesi filosofiche. E Marco Angelini, anche quando abbandona (benché solo apparentemente) il proprio terreno abituale di indagine, dà prova di saper utilizzare tale linguaggio con grande maestria, misurata ironia e senza alcun pregiudizio di sorta, regalandoci sempre una sua personalissima e mai scontata visione del mondo e soprattutto di noi stessi.
Raffaella Salato
THE SPACE OF THE SACRED
Each one of us, at least once in our life, has come to deal with the dimension of the “sacred”. Religion, whether we like it or not, permeates the human soul from the first awareness it has of itself: it does so even if we do not realize it, connoting the surrounding world through the filter of our cultural baggage, our education, in most of the times unconscious, often indirect. Even those who proclaim themselves atheists, give of themselves a definition that consists in the denial of something important and meaningful that for others is “there”, it exists (a–theos means, literally, “without God”), while the agnostics suspend the judgment with respect to a problem, in this case the existence of God or not, since they do not have, or cannot have, a sufficient knowledge. However, the agnostics are not necessarily indifferent to the problem of faith and spirituality or religious activity: many seek actively information on the various religions and endeavor to find certain proofs may reveal the existence of God, nevertheless their faith is in doubt.
Marco Angelini, who through his own artist sensitivity is accustomed in defining Man by the investigation of the setting in which he has happened to occur, be it a physical setting — cities, for example — or a purely intimate and spiritual context (not for this, however, less rich in ideas at the expressive level), this time focuses his research, never univocal but always multifaceted, on the great mystery of the human universe: that is the dimension of the “sacred”. The result is a rich and wide-ranging exhibition, which can unfold an intense conceptual journey full of different but deeply connected inspirations, balanced on borders run among the transcendent and the material, the mystic and the unspiritual.
This exhibition project includes a conspicuous series of works and installations in close dialogue with each other, both for the materials and objects used, and for the subject that animates them. A dialogue that is articulated along the theme of religions — the three main monotheistic religions, namely Judaism, Christianity and Islamism, but also along the division of Christianity into Catholicism and Orthodoxy — and the way in which they pervade people’s daily lives, regardless of believes they belong: a dimension that frequently, without even noticing it, transfigures and alters our perception of our surrounding world.
The exhibition’s fil rouge is interpreted by Marco Angelini according to his qualifying trait and peculiar distinguishing mark, what makes he’s absolutely and fully contemporary: he, who has always made of everyday objects and materials his own expressive research’s pivots, in this project investigates the use of the “otherness” of common use’s artifacts (the bell, the book, the carpet, the candles, the chalice) in several different religions, routine practice able to alter the primordial essence of the object itself in order to plunge it over a parallel “life”, completely separate from that — apparently evident — connected to the function for which it has been created. The objects become, therefore, the substance (transubstantiation) and the tangible and earthly manifestation of a divine message, and then return to being — in a colorful series of paintings that have earned the dialoguing each other in an autonomous way with respect to the predominant theme of the exhibition — products and artifacts accessible to all and of a merely quotidian use.
Though, Angelini goes much further, and here resides the creative sparkle, I would say brilliantness, of his art: he associates these symbolic objects with the human heart (mostly important not in its anatomical form, not in the “iconic” shape we are used to see represented in so much “pop” art), precisely because he wants to show the profound link — visceral, as a matter of fact — it exists among the dimension of the spirit and that of the body understood as immanence of life for the individual. If religion can condition the human soul to the point of directing her actions and acting as the leading principle of her conduct throughout our earthly existence, then religion is perpetually fundamental to Man, inseparable from and intrinsic to him, co-essential with every part of him. Hence the parallel with an organ alike heart, but not an ordinary organ, rather that which in ancient times (also for the philosopher and scientist Aristotle) was considered the seat of memory, and which by a millennial tradition — although in the lack of truly biological foundations — is called the place of our emotions and feelings.
The sacredness of the spirit therefore finds its own counterpart in the sacredness of human life, interpreted — even in paradoxes — through the filter of art, which is the only language in degree of rooting through the reality without dealing with religious dogmas, physical laws or philosophical theses. And Marco Angelini, even when he forsakes (although only seemingly) his usual field of investigation, demonstrates to be able to use his own language in a prodigious fashion, measuring irony and without prejudice of any kind, letting always to us know his personal interpretation, often unexpected, of the world and above all of ourselves.
Raffaella Salato
Translation by Romina Fucà
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Vita e sospensione: lo spazio del sacro
Per quale motivo un oggetto di uso comune e addirittura riprodotto in serie dovrebbe essere riconosciuto come forma d’arte? Perchè una volta che l’artista decide arbitrariamente di collocarlo nel contesto dell’arte, esso miracolosamente diventa “altro”; la sua banalità seriale, senza affatto mutare, si fa degna di riconoscimento artistico: ecco la sua trasfigurazione.
Il critico d’arte Arthur Danto, attenendosi alla dimensione estetica, conia la fortunata espressione “trasfigurazione del banale”.
Accostare questo processo ad una dimensione specificamente religiosa vuol dire ricordare che usualmente le religioni fondano la loro pratica rituale sulla “trasfigurazione” di taluni oggetti.
L’oggetto sacro è un oggetto talmente carico di “alterità” da essere “inutilizzabile” in quella che costituiva la sua funzione originaria. Così accade che nella religione cattolica il bicchiere perde la sua mera funzione di “bicchiere” e diventa “calice”. Allo stesso modo per i musulmani un comune tappeto diventa spazio spirituale che delimita e protegge la preghiera. Un medesimo destino tocca a tanti altri oggetti di uso quotidiano: il copricapo ebraico, il lume della Chiesa ortodossa, la campana dei monaci tibetani, il libro, oggetto sacralizzato in numerose religioni.
Marco Angelini, in questo suo progetto artistico, volge il suo interesse alla dimensione religiosa: il suo intento è quello di attraversare lo spazio del sacro con il metro paradossale degli oggetti che proprio le religioni - con il loro potere di trasfigurazione - fanno propri.
Oggetti che l’artista intende recuperare - a sua volta trasfigurandoli - per portarli dalla loro condizione di “religiosa” trasfigurazione al loro grado zero attraverso un processo che ha come fine ultimo quello di ridurre l’oggetto stesso al suo grado minimo, per essere riconosciuto come puro oggetto. È solo attraverso questo passaggio che l’artista torna ad esibire l’oggetto nel cuore del sacro, o meglio, nei ‘cuori’ dei ‘sacri’ (delle religioni) come elementi minimi e universali, di comune riconoscimento umano.
Nel nuovo progetto di Marco Angelini le religioni sono rappresentate come organi autonomi e distinti: cuori dalla membrana trasparente al cui interno trovano luogo oggetti riconoscibili per il loro comune e caratteristico uso religioso, sebbene alterati nella loro connotazione estetica.
Ma la forma del cuore - simbolo dominante - ritorna anche in un’altra serie di sculture caratterizzate questa volta da un bianco assoluto e disposte su piccoli dipinti che richiamano - rappresentandoli - quegli stessi oggetti raccolti all’interno degli altri cuori esposti.
Al tema religioso si intreccia una profonda e personale riflessione sulla vita e, in particolare, sul concetto di sospensione. Infatti, oltre alle opere caratterizzate dalla figura del cuore, Marco Angelini porta in scena anche due “pitture ambientali”, due superfici allungate orizzontalmente che rappresentano “vite sospese”: una coppia di informi corpi distesi che vengono intrecciati e sospesi su nastri di registrazione; nastri che, a loro volta, escono dai confini della tela per occupare in vario modo lo spazio espositivo circostante.
Il simbolo del cuore ricorre anche in una serie di altre tele dalle dimensioni più ridotte, su ciascuna delle quali la forma di un cuore emerge e si stratifica in simbiosi con una diversa materia, senza tuttavia mai coincidervi del tutto: così il colore - la forma - sconfina sempre rispetto alla materia, sconfina verso quel fondale “informe”. Un’eccedenza di margini e materie che va a creare - in equilibrio - uno spazio di contatto sulla molteplicità di stratificazioni figurative ed espressive interne al metabolismo dell’opera.
Il cuore, protagonista di ciascuna tela, emerge da un fondale asettico dominato da informi figure - in serie - dalla vaga sembianza di embrioni, quasi a formare un codice, un flusso o una pioggia di simboli ripetuti e che il cuore stesso, per qualche segreto rapporto che ci vien fatto solo presentire, in sé ripete.
Marco Angelini riconosce il senso della propria poetica nelle idee che il filosofo di Theodor L. W. Adorno espone nella sua la Teoria Estetica: la natura dell’arte è paradossale, essendo al contempo interna al mondo e totalmente estranea ad esso. In virtù di ciò proprio all’arte spetta la funzione di dire - mostrandole – le contraddizioni del mondo. Soltanto l’arte - nel dialogo ch’essa necessariamente intreccia con quel suo altro-da-sé, il mondo - può ridonare visibilità e attenzione a ciò che proprio il mondo con sistematica violenza irretisce, fugge, teme e censura: la vita. Quella vita che trova nella forma del cuore un simbolo elementare - autenticamente sacro - dell’umanità intera e di ciascun individuo.
Emanuele Ciccarelli
Life and suspension: the space of the sacred
Why should an object of common use and even of mass production be recognized as an art form? Because once an artist arbitrarily decides to place it in the context of art, it becomes inexplicably “other”. His serial banality, without any change, becomes worthy of artistic recognition: here is its transfiguration.
The art critic Arthur Danto, who elevates the aesthetic dimension, fabricated the successful expression of the “transfiguration of the trivial”.
By realizing that religions are generally based on the ritual practice of “transfiguring” certain objects, it is therefore the exact way to approach this process with a religious dimension.
The sacred object is an object if it is full of “otherness”, that is it cannot be easily “restored” — say, it is unfit — in what constituted its function original. Thus, in the Catholic religion, glass loses its function of “glass” and becomes “chalice”. In the same way for Muslims, a common carpet becomes a spiritual space delimiting and protecting prayers. The same fate affects many other objects of daily use: the Jewish kippahs, the candles of the Orthodox church, the bell of the Tibetan monks, the book, sacred object in many religions.
Marco Angelini, in his artistic project, is interested in the religious dimension: his intention here is crossing the space of the sacred with the paradoxical meter of objects of which the religions themselves — through their power of transfiguration — appropriate.
Objects that the artist intends to recover — transfiguring them in their turn — to bring them from their condition of “religious” transfiguration to their zero degree, through a process whose goal is to reduce the object to its minimum to be recognized as pure object. It is only through this passage that the artist returns to expose the object in the heart of the sacred, or better, in the “hearts” of the “sacred” (religions) as minimum and universal elements of common human recognition.
In Marco Angelini's new project, religions are represented as autonomous and distinct structures: hearts with a transparent membrane in which the objects are recognizable for their mutual characteristically religious use, although modified in their aesthetic connotation.
But the shape of the heart — a dominant symbol — is also reflected in another series of sculptures characterized this time by an “absolute white”, and arranged on small paintings that recall the same objects collected in the other exposed hearts.
A deep and personal reflection on life is intimately linked to the religious theme and to the concept of suspension. Indeed, in several works characterized by the figure of the heart, Marco Angelini also stages two “environmental paintings”, two elongated horizontal surfaces representing “suspended lives”: a pair of elongated bodies intertwined and suspended on recording tapes; ribbons that, in turn, come out of the canvas’ borders to occupy the surrounding exhibition space in various ways.
The symbol of the heart is also found in a series of other paintings of smaller dimensions, on which the shape of a heart emerges, and it is stratified in symbiosis with a different material, but never completely coincide with it: thus, the color — the shape — always borders the material, overflowing towards this “informal” backdrop. A surplus of margins and materials creates — in balance — a space of contact on the multiplicity of figurative and expressive stratifications internal to the artwork's metabolism.
The heart, a leading guest on each canvas, emerges from an aseptic background dominated by shapeless figures — in series — of the apparent wave of embryos, forming almost a code, a stream or a shower of repeated symbols the same heart, for some secret relationship that is only presented to us, in itself repeats.
Marco Angelini assumes the main meaning of his own poetics in the ideas the philosopher Theodor L. Adorno wrote in his “Aesthetic Theory”: the art's paradoxical character lends itself to being elaborated in the inner world by at the same time being totally foreign to it. this. Through this process, it is precisely in art we can find the task of expressing and showing the contradictions of the world. Only art — in the dialogue necessarily interweaves with its other–of–itself, that is the world — can give visibility and attention to the fact the world with systematic violence entangles, flees, fears and blames: life. Life finds in the form of the heart an elementary symbol — an authentically sacred one — of both humanity and individual.
Emanuele Ciccarelli
Translation by Romina Fucà
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“Custodisci il cuore più di ogni altra cosa
poiché da esso provengono le sorgenti della vita”
(Proverbi 4:23)
Il cuore è l’identità profonda di ogni essere umano, la fonte delle manifestazioni temporali della vita. Oltre al significato figurativo e a quello letterale di organo fisico, il cuore è considerato radice religiosa dell’uomo, perché è nello spazio al centro della nostra esistenza/coscienza e del nostro stesso pensiero che ci rapportiamo con Dio, qualunque esso sia.
Il cuore occupa la parte più interna di noi, lo spazio sacro, ma è costantemente messo in contrasto ed entra in contatto con ciò che si trova all’esterno, gli oggetti e le parole, e attraverso di essi, esce dalla sua dimensione senza tempo e trova un luogo al di fuori: il rito, gli utensili di uso quotidiano, lo spazio fisico che si occupa durante la funzione religiosa.
Gli oggetti, in particolare, incarnano il simbolo dello spazio sacro e se pur riconoscibili nella loro identità, non sono più la realtà che rappresentano ma diventano altro. La religione se ne appropria, ne cambia la dimensione e li trasforma in simboli. Il cuore, soprattutto, grazie ai suoi complessi paradigmi semantici, nel corso della storia, ha potuto esercitare una forte potenza metaforica. Ma ecco che l’arte di Marco Angelini innesca l’inversione di rotta nel processo di rappresentazione degli oggetti, attraverso le tele, le sculture e le installazioni del progetto in mostra, li eleva ad un grado ancora diverso, li rende liberi di tornare a se stessi, senza legami, se non quelli con l’opera a cui appartengono. Ed è all’interno dell’espressione artistica che avviene l’incontro tra temi, elementi estetici e riflessione personale, dove i cuori, realizzati in diversi materiali, le kippah, i tappeti per la preghiera, i libri sacri, il calice, le candele occupano gli spazi del tempo artistico e tessono la trama di eterogenei significati e interpretazioni, coinvolgendo lo spettatore in una profonda e intensa esperienza artistica, non solo dal punto visivo ed estetico, ma anche interiore, storico e sociale.
Questo è quello che fa l’arte di Marco Angelini: innescare un dialogo, creare condivisioni e confronti con l’opera, con noi stessi e con gli altri. Il canale di comunicazione che ne scaturisce è caratterizzato da molteplici emozioni, prima arrivano il colore e la forma che ti coinvolgono in un impatto empatico ogni volta diverso, poi la materia, frutto della ricerca attenta e ragionata del pensiero dell’artista e di come deve essere espresso, e infine gli interrogativi e le riflessioni e la possibilità di vedere nuove realtà.
Valentina Luzi
Storico dell’arte
Galleria Emmeotto
"Guard your heart more than anything else,
because the source of your life flows from it"
(Proverbs 4:23)
Being the heart the deep identity of every human being, as well as the source of the historical manifestations of each life, other than its figurative and literal sense acting as a physical organ, the heart can be considered as the religious root of man. It is because he’s in the space at the center of our existence/consciousness and of our own thought that we are related to God, whoever he may be.
The heart thus occupies our most intimate part, the sacred space, but it is constantly juxtaposed and in contact with what is external, the objects and the words, and through them it leaves its timeless dimension finding its place at the outside: the ritual, the tools of daily use, the physical space occupied during the religious function.
Objects, in particular, embody the symbol of sacred space and although recognizable in their identity, they can no longer be the reality to represent because they become something else. Religion appropriates them, changes their dimension, transforms them into symbols. The heart, through its complex semantic paradigms, knew to exert during the history a strong metaphorical power. But, here the art of Marco Angelini triggers of course the inversion in the representation of the process of objects, through paintings, sculptures and installations of his art project at exhibition, he raises them to a degree still different, makes them free to return to be simply the same, without links, an exception to those links with the work to which they belong. And it is exactly in the artistic expression where the meeting between the themes, the aesthetic elements and the personal reflections, the hearts — made of different materials, kippahs, prayer rugs, sacred books, chalice, candles — take place in the space of an artistic moment, and weave the plot of heterogeneous meanings and interpretations. This involves the viewer in a deep and intense artistic experience, not only visually and aesthetically, but also internally, historically, socially.
This is what Marco Angelini's art does: to start a dialogue, create a sharing and a confrontation with the work, with oneself and with others. The resulting communication channel is characterized by multiple emotions, first the color and the shape that involve the viewer in an empathic effect each time different, then the material, the result of a reasoned and thoughtful research of the artist, finally, questions and reflections as well as the possibility of seeing new realities.
Valentina Luzi
Art historian
Emmeotto Gallery
Translation by Romina Fucà
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“Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore.”
Italo Calvino
Il Simbolo, sempre polivalente e proteiforme, si pone a diversi livelli di significato esprimendosi non soltanto con immagini iconografiche ma anche con oggetti, gesti e rituali. In un dibattito tra alcuni filosofi e critici d’arte, Gillo Dorfles rifletteva sul tema e citava: “Il sacro non è solo ciò che può porsi in letterale riferimento alla storia sacra ma che esprime una possibile verità dell’uomo. L’esperienza del sacro è indissolubilmente legata allo sforzo compiuto da un uomo per riconoscere un mondo che abbia un significato. Il mondo simbolico è mitico, non mitologico: esso è condensato nei simboli, non si risolve nei grandi racconti di cui il postmoderno ha decretato la fine. Dal Simbolo s’irradiano infinite figure: a differenza della metafora il cui modo di essere è instabile e precario, sempre minacciato dallo scadere nell’allusione e nel rinvio, il Simbolo s’impone per la sua concretezza fisica che tuttavia rimanda a un’infinità di significati”.
Quanto il dialogo interreligioso può aprire spazi interpretativi nell’arte contemporanea?
Marco Angelini presenta una possibile risposta all’interrogativo culturale-filosofico attraverso uno sguardo “riflessivo” e possibilista sulla dimensione del “sacro”. Quest’attenta e delicata ricerca pare porre il proprio fulcro sul simbolismo che alcuni oggetti di culto rappresentano nel nostro quotidiano se spogliati della loro ritualità. Il tema è declinato attraverso i simboli della spiritualità interrogando se stesso e il pubblico sull’interpretazione di tali oggetti e sulla trasformazione degli stessi in oggetti predominanti della mostra “Lo spazio del Sacro”.
L’immagine speculare del cuore ha attraversato il tempo per giungere nel presente colmo della propria identità e della spiritualità. L’azione simbolica del cuore rappresenta una forza di coesione tra culture diverse portando con sé tracce antropologiche. Con il primo trapianto di cuore del 1967 quest’organo vitale ha acquisito il dogma di “conseguire la sopravvivenza”. L’entusiasmo e l’alta declinazione emotiva si arricchivano di potenza dal punto di vista percettivo e divenne strumento di riconoscimento di emozioni elaborate attraverso le interazioni con il cervello. Cosi il cuore trapiantato esprime, ancora oggi, emozioni nuove della persona che lo ospita. Per questo e altre ragioni, il cuore ha acquisito apprezzamenti universali equiparandolo a forma rappresentativa della dignità dell’essere umano e della sua spiritualità. L’umanità, fin dal passato, ha associato al cuore un ruolo di contenitore iconografico-materico, nel quale risiedono: gli affetti, le speranze, i dolori, le sofferenze, in altre parole tutti i sentimenti umani. Questo prezioso organo è divenuto nel tempo, elemento di grande comunicazione in ogni luogo della terra. Il cuore è stato la fonte d’ispirazione per poeti e artisti in tutto il mondo; inoltre ha acquisito grande sacralità attraverso la rappresentazione iconica del Sacro Cuore. Il “divino” diviene uomo e attraverso il cuore avvicina l’invisibile e il mistero al tangibile. I cuori che Marco Angelini ci propone sono anatomici e intrinsechi di un’espressività religiosa indagatrice. Le installazioni e le opere materiche rappresentano il cuore come protagonista e diventa tema portante dell’intera mostra. Il gesto apparentemente iconoclasta si istituisce come metodo artistico, la strategia utilizzata è quella di mostrare oggetti di culto ma che possono essere, attraverso una sottile linea demarcativa, di uso comune. Nelle diverse installazioni Marco Angelini adagia alcuni cuori anatomici, un gesto attento e di grande rispetto nei confronti di tutte le religioni che sono chiamate e partecipare. Il gesto nasce da un’urgenza artistica di comunicare “amore” e “consapevolezza” con l’affermarsi del valore espositivo, dando una maggiore forza concettuale agli oggetti.
Il tappeto utilizzato come oggetto d’arredo cambia la propria connotazione se accostato alla religione mussulmana. La campana tibetana acquisisce un nuovo ruolo durante le preghiere del rito buddista. La straordinaria analisi artistica induce a molteplici domande e accresce una positiva apertura accogliendo l’ignoto. Attraverso questo percorso espositivo, la complessità di molte religioni diventano più accessibili allo sguardo del pubblico, perché Marco Angelini azzera il distacco tra il mondo dell’arte e quello della fede.
Lo studio costante e l’analisi di fenomeni metropolitani e sociologici dell’artista procedono verso scenari mai scontati. Le contraddizioni umane e i paradossi diventano propulsori per una declinazione di temi “delicati” del tessuto urbano-sociologico. Marco Angelini non assume mai posizioni ideologiche ma continua a evidenziare il ruolo sociale e portante dell’arte: generare attenzione, interrogare e comunicare.
Giusy Emiliano
"Take life lightly, as lightness is not superficiality, but gliding on things from above, without having boulders on your heart."
Italo Calvino
The symbol, always adaptable and fluctuating, arises at different levels of meaning, expressing itself not only through iconographic images, but also through objects, gestures and rituals. Around a debate between philosophers and art critics, Gillo Dorfles reflected on the theme and affirmed: “The sacred is not only theorizing what can be literally referenced to the sacred history, but what is one of a possible truth of the man. The symbolic world is mythical, not mythological: it is condensed into symbols, it is not resolved in the great stories whose postmodernity has decreed to an end. Infinite figures radiate through the symbol: unlike the metaphor whose mode of being is unstable and precarious, always threatened by its expiration by making allusion and reference, the Symbol itself is essential for its concreteness which nevertheless refers to an infinity of meanings”.
To what extent can interreligious dialogue expose spaces for interpretation in contemporary art?
Marco Angelini represents a possible answer to this cultural-philosophical question through a “reflexive” and possibilistic view on the “sacred” dimension. This attentive and delicate search seems to place its point of support on the symbolism that certain objects of worship, whenever uncovered from their ritual, represent in our daily life. The theme is declined through the symbols of spirituality, by questioning himself as well the public on the interpretation of these objects and on their transformation into predominant objects of the exhibition “The Space of the Sacred”.
The mirror image of the heart has gone through time to reach the present fullness of its own identity and spirituality. The symbolic achievement of the heart represents a cohesive force between different cultures bringing with it anthropological traces. With the first heart transplant in 1967, this vital organ acquired the dogma of “resilience”. Enthusiasm and high emotional declension have been enriched with a perceptual power and have also become a means of recognizing the emotions that are created by interactions with the brain. Thus, the transplanted heart expresses, even today, new emotions of the person who hosts it. For this reason among others, the heart has acquired universal appreciations which equate it with a form representative of the dignity of the human being and his spirituality. Humanity has, since the past, associated with the heart a role of iconographic–material locker, in which reside: affections, hopes, pains, sufferings, in other words all human feelings. This precious organ has become over time an element of great communication all over the world. The heart has been the source of inspiration for poets and artists around the world; he has also acquired great sacredness through the iconic representation of the Sacred Heart. The “divine” becomes the man and, through the heart, he brings the invisible and the mystery closer to what is tangible. The hearts that Marco Angelini offers to us are anatomical and intrinsic till to an investigative religious expressiveness. The installations and the material artworks represent the heart as protagonist as it becomes the main theme of the whole exhibition. The apparently iconoclastic gesture is established as an artistic method, as well as the strategy used is to show objects of worship, but it can be, through a thin line of demarcation, of current use. In the various installations, Marco Angelini places anatomical hearts, with an attentive gesture of great admiration towards all the religions are called in. His gesture stems from an artistic urgency to communicate “love” and “cognition” with the affirmation of the value of the exhibition, if giving a greater conceptual force to the objects.
The carpet used as home furniture, changes of connotation with respect to the Muslim religion. The Tibetan bell acquires a new role during the prayers of the Buddhist rite. The extraordinary artistic analysis leads to multiple questions and increases a positive opening by welcoming the unknown. Thanks to this exhibition, the complexity of many religions becomes more accessible to the public, as Marco Angelini brings to light the gap between the world of art and the world of faith.
His constant study and analysis of the metropolitan and sociological phenomena are continuing towards a tracking shot scenarios are never likely to occur. Human contradictions and paradoxes become propulsions of a declension of the “exquisite” themes of the urban sociological fabric. Marco Angelini doesn’t hold ideological positions, though he continues to highlight the backing social role of art: that is to say, to generate attention, as well as to question and communicate.
Giusy Emiliano
Translation by Romina Fucà
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