La realtà assoluta non ha né inizio né fine.
Nell'antichità si parlava di sacra circolarità.
Il nostro pensiero è circolare.
In un cerchio non c'è il punto di inizio e il punto di fine.
Questa circolarità coincide con il cosiddetto zero metafisico, che è in sostanza, almeno per come viene inteso dalla maggioranza dei filosofi, puramente e semplicemente il "nulla". E il nulla coincide con il tutto.
Il cerchio rappresenta l'immutabilità delle cose. Il movimento circolare è infatti senza variazione.
Il cerchio è una forma chiusa, senza inizio né fine; pertanto, la sua figura è associata all'eternità.
La mancanza di angoli trasmette armonia, unità, completezza. La forma sferica rimanda quindi a positività.
Vittorio Marchi
Le opere di Angelini conferiscono alla mostra una straordinaria profondità e un continuum complesso. Non sono semplici immagini statiche ma piuttosto manifestazioni del dinamismo. Le sue astrazioni, ispirate alle forme biomorfiche, ci svelano mondi che risiedono sotto la superficie, come microrganismi nell’obiettivo di un microscopio, nascosti alla nostra percezione quotidiana. Forme, colori e composizioni creano una straordinaria sinfonia, che induce a riflettere sulla natura dell’esistenza e sul mistero della materia (2019, dentro il tempo, 150x16 cm, tecnica mista su tela; 2019, fuori dal tempo, 150x16 cm, tecnica mista su tela – opere realizzate con fili da cucito, ispirate alla filosofia di Giorgio Agamben). La contemporaneità è una particolare relazione con il proprio tempo: si lega ad esso, ma allo stesso tempo ne prende le distanze. L'artista sceglie consapevolmente colori e composizioni per creare armonia nel caos, mostrandoci non solo il mondo esterno, ma anche il paesaggio interiore di emozioni e pensieri.
Jan Kozaczuk
Il filosofo contemporaneo Giorgio Agamben afferma: “è davvero contemporaneo chi non coincide perfettamente col suo tempo né si adegua alle sue pretese ed è perciò, in questo senso, inattuale, ma, proprio attraverso questo scarto e questo anacronismo, egli è capace più degli altri di percepire e afferrare il suo tempo”.
Tutta l’arte, si sa, è stata contemporanea al suo tempo, e dunque è questo il compito ultimo dell’artista: osservare il proprio tempo per scardinarlo, oltrepassarlo, esserne talmente dentro da attraversarlo ed esserne fuori così da poterlo percepire più nitidamente di chiunque altro, e poterlo restituire al pubblico, integro, limpido, senza velature o incrinature. Questo tempo che corre veloce ma senza affanni, scevro dalla negatività, è il tempo di Marco Angelini, artista la cui poetica e grammatica visiva intercetta sempre una “fotografia” di oggetti evocativi, di memorie composte in un puzzle astratto che già ci raccontano altro, sospingendosi in una deriva continuamente mutevole, e mai amovibile.
L’artista si muove, ricerca, scova, indaga: il suo compito ultimo è quello di osservare la realtà talmente da vicino per poterla oltrepassare, per poterci decifrare e restituire, con chiarezza formale e concettuale disarmanti, quella nebulosa spesso millantata che è la contemporaneità.
Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci
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