La serie Trame e legami, che ho realizzato nel 2014, nasce dal desiderio di dare nuova vita a oggetti quotidiani che, apparentemente, avevano perso ogni funzione. Frammenti usati, destinati all’oblio, trovano all’interno delle tele uno spazio in cui trasformarsi: decontestualizzati, diventano segni e presenze poetiche, capaci di raccontare altro.
Ho scelto formati intimi, 20x30 e 30x40 cm, proprio perché desideravo che queste opere fossero come pagine di un diario visivo, in cui nastri di musicassette, mestoli di legno, pinze fermacarte, zucchero mescolato a pigmenti, polveri di tè e caffè o retine industriali potessero fondersi con colle e colori, dal bianco al rosso, dal blu oltremare al giallo, generando nuove trame.
Il mio sguardo, che porta con sé una formazione socio-psicologica, è sempre rivolto alla complessità degli spazi urbani: Roma, New York, Tokyo, Varsavia. La città per me è il luogo della socializzazione, della connessione, ma anche lo spazio in cui l’individuo resta se stesso, a volte persino isolato. Le mie opere cercano di restituire questa duplicità: la rete che lega le persone e gli edifici in un flusso vitale, e la solitudine che si cela dietro quell’intreccio.
Talvolta costruisco una serialità geometrica attraverso gli oggetti, come nei mestoli o nelle pinze che disegnano un ritmo ordinato. Altre volte lascio che materiali come lo zucchero o la colla vinilica si mescolino in modo fluido, dando origine a forme astratte, instabili, quasi organiche. In entrambi i casi, ciò che mi interessa è la trama che nasce: una mappa simbolica di legami visibili e invisibili.
In fondo, credo che ogni opera di questa serie sia un tentativo di tradurre sulla tela il battito delle metropoli contemporanee, con le loro connessioni e le loro fratture. Ogni oggetto raccolto e trasformato diventa un nodo di memoria, ogni colore un ponte tra materia e pensiero. In queste trame cerco di raccontare il modo in cui siamo legati gli uni agli altri, pur restando ciascuno un’isola.
Marco Angelini
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