THE ABSTRACT STRAIN OF SIGNS
In semiotics, the sign is called "something that represents something else, for someone in some way." It is considered as a discrete unit of meaning: a system, composed of a signal, a reference and a referent, which refers to a content.
According to the philosopher Louis Hjelmslev, the sign can be defined as "the expression of a content," while according to Ferdinand de Saussure, the sign is "the combination of a signifier and a signified".
Saint Augustine was the first to classify two types of signs: the first are natural signs (or indices), i.e. those which were not created to signify something, but which refer to other objects for the experiment (for example, the cloud refers to the rain); the second are artificial signs, created specifically for communication, also called intentional signs precisely because the intention is to convey a concept.
Marco Angelini with this cycle of works intends to give a new and original interpretation of this category of knowledge of signs which - according to the theory of Charles Sanders Peirce - is defined as "symbolic signs" or "codes". In the case of symbolic signs or codes, in fact, the relationship between the signified and the signifier is arbitrary, unlike what happens in the presence of iconic signs (in which the signifier is similar to the signified) or of indicative signs (in which there is a physical link between the signifier and the signified).
Through his own personal semantic code, Angelini reinvents language, a language with immediate impact and in which the aesthetic and emotional components prevail over that functional.
According to Marco Angelini, "all of human history is strewn with clear signs of the existence of an alternative form of communication, different from writing or verbal language and universally recognizable during epochs as intuitive": the primordial writing being composed of ideograms (signs that represented ideas), so Angelini's canvases - in fabric and acrylic, of different sizes - reduce the writing to zero degrees, reinventing something new through art. Fluid, open, malleable and interpretable writing; a code that does not contain the answer (the signified), but always triggers different questions depending on the eye of the beholder.
By "abstract strain of signs," we mean an arbitrary relationship between the code and the reality as in The invisible cities of Italo Calvino, capable of bringing to life this particular form of revolutionary communication that only art is able to create.
Raffaella Salato
(Translation by Romina Fucà)
LA TENSIONE ASTRATTA DEI SEGNI
In semiotica, il segno è definito “qualcosa che sta per qualcos'altro, a qualcuno in qualche modo”. È considerato una unità discreta di significato: un sistema, composto da un segnale, una referenza e un referente, che rinvia ad un contenuto.
Secondo il filosofo Louis Hjelmslev, il segno può essere definito come “espressione di un contenuto”, mentre secondo Ferdinand de Saussure, il segno è l’”unione di significante e significato”.
Fu Sant’Agostino il primo a classificare due tipi di segni: i primi sono i segni naturali (o indizi), cioè che non sono stati creati per significare qualcosa, ma che rimandano ad altri oggetti per l’esperienza (es. la nuvola rimanda alla pioggia); i secondi sono i segni artificiali, creati appositamente per la comunicazione, detti anche segni intenzionali proprio perché alla base vi è l’intenzione di trasmettere un concetto.
Marco Angelini con questo ciclo di opere intende dare un’interpretazione nuova ed originale di quella categoria di conoscenza dei segni che – secondo la teoria di Charles Sanders Peirce – viene definita dei “segni simbolici” o “codici”. Nel caso dei segni simbolici o codici, infatti, la relazione esistente tra significato e significante è arbitraria, al contrario di quanto accade in presenza di segni iconici (in cui il significante è simile al significato) o segni indicali (in cui vi è una connessione fisica tra significante e significato).
Attraverso il proprio personale codice semantico, Angelini reinventa il linguaggio, un linguaggio di impatto immediato ed in cui la componente estetica ed emozionale prevale su quella cosiddetta funzionale.
Secondo Marco Angelini, «tutta la storia umana è costellata da evidenti segni dell’esistenza di una forma alternativa di comunicazione, diversa dalla scrittura o dal linguaggio verbale ed universalmente riconoscibile poiché molte volte intuitiva»: come la scrittura primordiale era composta da ideogrammi (segni che raffiguravano idee), così le tele di Angelini – scampoli di stoffa e acrilico, di varie dimensioni – riducono a grado zero la scrittura, reinventandone una inedita attraverso l’arte. Una scrittura fluida, aperta, plasmabile ed interpretabile; un codice che non contiene in sé le risposte (significato), bensì genera domande sempre diverse a seconda dell’occhio di chi lo guarda.
Per “tensione astratta dei segni” si intende il rapporto arbitrario tra codice e realtà come ne Le Città invisibili di Italo Calvino, capace di dar vita a quella peculiare forma rivoluzionaria (se non anarchica) di comunicazione che soltanto l’arte è in grado di creare.
Raffaella Salato
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