"Sostenibilità e futuro circolare" è il progetto artistico di Marco Angelini che propone al pubblico, con profonda consapevolezza, il valore “driver” del suo messaggio su un possibile, necessario e improrogabile cambiamento in materia di ambiente.
L'arte di Angelini vira verso un segno di riconversione "climate oriented" che possa portare ad una rigenerazione intellettuale ed emotiva su un tema così centrale quale quello, appunto, dell’ambiente e della sua salvaguardia.
L' espressione artistica di Angelini rientra, quindi, appieno, in quel “Climate Change Art” il cui scopo è rendere il pensiero dell'essere umano performante e, nel contempo, predisposto ad una presa di coscienza e consapevolezza delle devastanti conseguenze dei sovvertimenti climatici.
Bill Mckibben, ambientalista e giornalista americano, scrisse in un articolo “What the warming World Needs Now is Art, Sweet Art” sostenendo che affrontare solo sul piano scientifico e quindi razionale la crisi ambientale fosse limitante e che diventasse, quindi, necessario usare anche l'emisfero sinistro del cervello ritenuto quello preposto alla creatività e all'immaginazione.
Per Mckibben, quindi, gli artisti sono fondamentali nell'affrontare la crisi ambientale.
Durante l'Art Cop21, nel 2015, fu fatto un sondaggio tra il pubblico in merito alle opere d' arte presentate e in quell'occasione furono indicate quattro categorizzazioni: 1) utopia confortante; 2) distopia impegnativa; 3) mitologia mediocre; 4) soluzione fantastica.
Ognuna di queste è espressione di una reazione psicologica ed emotiva di fronte all'opera e, di conseguenza, una diretta manifestazione della relazione uomo - ambiente.
Particolarmente interessanti, le due categorie opposte: " distopia impegnativa" e " soluzione fantastica”.
In Angelini quindi, recentemente di ritorno dalla mostra " la luce come metafora di transizione energetica" a cura di Jan Kozaczuk a Baku in occasione della Cop 29, si ritrova la categorizzazione: " soluzione fantastica".
Un atto di presunzione? ci sono aspetti oggettivi che esteticamente, iconograficamente e psicologicamente portano ad una tale presa d'atto.
L'astrattismo, nato nel XX secolo, si è sempre proposto con l'intento di creare composizioni di forme, linee e colori che avessero un alto grado di indipendenza dalle referenze visuali del mondo.
È proprio attraverso questo linguaggio che Marco Angelini porta le sue opere su un piano alto, offrendo al pubblico uno spazio aperto dove ricercare la propria "soluzione fantastica” sfruttando i colori e l'uso di materiali di scarto, come lampadine o circuiti elettrici fino all'uso del rame ed altri supporti alternativi che Angelini propone come strumento di lettura di una tematica così delicata come la sostenibilità e il futuro circolare. Una particolare attenzione merita l'uso dei colori che catturano l'attenzione dell'osservatore suscitando un senso di armonia ed equilibrio.
La sua è una sorta di cromoterapia sociale perché l’uso del colore si innesta come strumento e traino su di una tematica “mondiale” generale e collettiva quale quella ambientale.
Un uso del colore e della luce che riporta necessariamente al XX secolo quando, con l'affermarsi dell’astrattismo, nascono le prime sorgenti luminose adottate ad uso creativo. É proprio in quel periodo, infatti, che gli artisti non si limitano a rappresentare la luce su tela bensì la manipolano fisicamente.
Queste forme d'arte univano l'idea di astrattismo ad una sorta di libera gestualità Junghiana con conseguente uso della luce con modalità non circolare ma aperta.
Nelle opere di astrattismo geometrico e biomorfico di Angelini, tutto è delimitato entro confini dove linee e colori creano un flusso energetico circolare suggellato dall'applicazione sulla tela di lampadine, circuiti e strumenti di conduzione.
Un astrattismo, questo, che riporta per alcuni aspetti a Laszlo Moholy Nagy, artista del Bauhaus che con il suo modulatore - spazio - luce del 1930 frammenta il fascio luminoso prodotto da lampadine, inserite poi, in una scultura cinetica.
Ne scaturiscono così, proiezioni e dispersioni. Angelini guarda alla lampadina come strumento immortale, riutilizzabile, la cui immobilità materiale e l'eventuale sprigionarsi di energia è promosso dall' osservatore all’ interno di un eterno flusso energetico circolare.
Ne consegue, una lettura dell'essere umano che deve vivere in una imprescindibile armonia con l'ambiente, con una visione umanistica e speranzosa del mondo.
Appare di tutta evidenza che non pensando in termini di una immobilità votata a fossilizzare quanto ci circonda, dobbiamo sforzarci di individuare costantemente, in ogni situazione e momento, un punto armonico nel rapporto uomo - ambiente traducibile in una condizione di equilibrio dinamico.
Ogni nostra azione deve, cioè, essere capace di integrarsi armoniosamente adeguandosi ai fattori naturali.
Maria Laura Perilli
(curatrice della mostra)
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